Recensioni
Cosa dicono di me…
I tre racconti che compongono “Macchie di colore” appassionano per la dinamicità narrativa con cui vengono descritti i protagonisti. Alessandra Santini, nei tre thriller, intesse delle trame dal coinvolgimento indiscutibile, tanto da trascinare il lettore oltre la lettura e farlo sentire personaggio investigativo alla ricerca di verità avvolte da arcani avvenimenti, accomunati tra loro dalla presenza di macchie di colore. (…)
I tre thriller non stancano la lettura, ma il lettore, coinvolto, va alla ricerca di nuovi dettagli perché ognuno di essi ha un ventaglio di sfumature che consentono alla mente di librarsi verso nuove avventure solo con un tocco di fantasia.
Con “Morte sul fiume” Alessandra Santini ancora una volta stupisce i lettori, perché sin dalla prima pagina del romanzo si intrecciano vicende che tengono con il fiato sospeso con il susseguirsi delle indagini sulla morte di due giovani donne, trovate annegate nel Tevere. La loro morte, a distanza di un po’ di tempo l’una dall’altra, sottoporrà il vicequestore Mark Terzi e l’ispettore Irene Corsi ad avviare delle ricerche per risalire sia al movente che all’assassino.
È un romanzo che coinvolge anche per l’intreccio di storie che, apparentemente, sembrano distanti l’una dall’altra, ma alla fine porteranno tutte ad un’unica traccia e al vero movente. Fino all’ultimo resta sempre l’enigma del perché la mano omicida si scaglia su quelle giovani, la cui vita privata e professionale è del tutto ‘normale’, mentre non sembrano avere alcun legame tra di loro. Ma i tanti perché solo alla fine troveranno delle risposte.
L’aspetto narrativo viene colorito dalla descrizione del garrire dei gabbiani, dallo scorrere dell’acqua e dalla melodia di una triste e antica canzone romana. (…)
Sarà il lettore a scoprire attraverso la tela delle analisi, anche psicologiche, il vero volto dell’assassino. È un romanzo piacevole da leggere per la particolare abilità dell’Autrice di coniugare aspetto stilistico e descrizione dei fatti e luoghi.
(…) I romanzi e i racconti di genere thriller-poliziesco di Alessandra Santini non possono certamente definirsi banali. Essi infatti, cercano di indagare non soltanto sui misteri del crimine, ma anche sui misteri della mente umana. La vicenda si svolge tra una Roma trafficata e intrigante e la misteriosa e affascinante terra etrusca. I protagonisti sono psicologicamente ben tratteggiati. Il linguaggio è lineare, diretto, realistico e guida magistralmente il lettore nel coinvolgente intrico della trama.
Si intrecciano, in modo quasi inestricabile, le indagini sul rapimento di Sarah, la figlia quindicenne della bella e glaciale procuratrice Lena Quintili e quelle relative a una serie di efferati delitti che sembrano richiamarne altri appartenenti ad un passato non troppo lontano.
Uniti nelle indagini, come anni prima, sono Mark Terzi, poliziotto al di fuori degli schemi, da poco promosso vicequestore, e la sua ex moglie Irene Corsi, ispettore della mobile, che avrà l’intuizione giusta che porterà verso la risoluzione degli enigmi.
Anche Mark Terzi ha varie intuizioni, come ad esempio quella, fondamentale, che svela ciò che si cela nella parola LUX con la quale l’assassino firma i propri delitti. Il movente dell’assassino è quello di mettere in atto un’opera di purificazione per la quale crede di essere stato prescelto. “Ormai aveva solo il tempo di ascoltare la voce, che puntuale tornava a farsi sentire. Dura e determinata, ma lieve come un alito di vento. Ascoltare e obbedire. Questa la missione, senza domande né dubbi. Perché ormai era chiaro: era stato scelto. E i prescelti non possono esimersi dall’obbedienza.”
Nel romanzo “Rime dall’inferno” la narrazione prende l’avvio da uno scenario raccapricciante: una donna immersa in un lago di sangue giace accanto a un uomo che, poco prima di piombare nel sonno, ha fatto l’amore con lei. L’uomo non risponde ai suoi richiami: è morto!
Nel leggere l’inizio di questa mia recensione, qualcuno penserà che quanto enunciato è l’evento intorno al quale si muove tutta la storia. Ebbene non è così, perché “Rime dall’inferno” riserverà ai lettori macabri segreti che li lasceranno senza fiato. Come ogni thriller che lascia il segno, il romanzo racchiude in sé una grande carica di tensione, di ansia e di paura.
La suspense cresce mano a mano che nuovi elementi conturbanti si aggiungono a quelli iniziali, cosicché il lettore che tenta d’ipotizzare il colpevole o i colpevoli, si vede depistato da un nuovo e ancor più complesso quadro probatorio. Nell’insieme narrativo, il filone poliziesco-investigativo si muove alla ricerca del fautore, mentre degli orrendi misfatti si moltiplicano con ritmo incalzante. (…)
La malvagità di ideatori ed esecutori di furti e di assassinii si nasconde sotto la falsa immagine di una setta che prepara i suoi proseliti ad un futuro fuori dall’ignoranza, accendendo la luce della verità.
Il lettore, un po’ incuriosito, un po’ frastornato, tenta di individuare i veri artefici di tali malvagità e, quando crede di esserci riuscito, dovrà aspettare le ultime pagine per sapere di non averlo fatto. La mente e l’anima del “tutto” sarà una persona insospettata, opaca e affatto emergente in tutto l’insieme.
Alessandra Santini, scrittrice navigata, nonché autrice di tanti romanzi di genere poliziesco, ancora una volta si distingue per le sue non comuni capacità d’incatenare il lettore alle pagine dei suoi thriller, affascinati dalle loro intricanti e oscure trame.
(…) Un lavoro ben congegnato, avvincente, con rimandi al Medioevo, per quel che concerne le punizioni inflitte alle vittime e, per via delle tinte fosche degli ambienti dove si muovono i protagonisti. Suspense e adrenalina, tengono incollato fino all’ultimo rigo il lettore, colpi di scena ed eventi imprevisti sono il sale di questo giallo dove il disagio giovanile, concreto e tracimante, esige una risposta, un limite, con l’ausilio di una forma di educazione che punti più al rispetto di se stesso e dell’altro, e possibilmente, all’incoraggiamento a perseguire forme di svago non deleterie. Sembrano trovare un po’ di requie i ragazzi nelle cellette del convento, anche se non sono proprio al sicuro neanche in questo luogo deputato alla serenità dello spirito. Sono tanti i personaggi che gravitano attorno al caso, tutti ben delineati anche psicologicamente, personalità carismatiche e affascinanti. Fra riti satanici, simbolismi, l’intento purificatore che iperbolicamente ricorre all’esempio di via del Santo di Assisi, cupidigie, inseguimenti, fuori piste, colluttazioni e tentativi di strangolamento, si snoda un poliziesco fluente ed efficace. La Santini ha confezionato un’opera noir degna della migliore tradizione del genere giallo italiana ed estera.
Continuando la magnifica tradizione del “giallo” italiano questo testo si rivela interessante, intrigante e quanto mai in linea con quella idea letteraria che accomuna tanti importanti autori. La Santini rivela ottime capacità descrittive che le consentono di essere inclusa, a buon titolo, nel variegato mondo contemporaneo letterario.
(…) Questo poliziesco ha qualcosa in più rispetto a tutti gli altri letti sinora: una attenzione ancora più meticolosa al dettaglio – non che gli altri romanzi dell’autrice fossero privi di una tale caratteristica – che, nello specifico, è rappresentata dalla simbologia numerica sopraccennata e del rituale che percorre tutto il testo.
E ancora una volta tutti gli ingredienti sono inseriti al momento giusto in modo tale da dare coerenza al plot fino alla conclusione attesa. La stessa scrittura sposa il brivido, facendo sussultare il lettore con il suo ritmo “cupo” e “martellante, come quello emesso da una musica sinistra : «… dal quale veniva anche una specie di lamento rabbioso, voce dura, gracchiante, sconnessa: sacrifice … sacrifice…».
Un giallo, quando vi si intrecciano riferimenti artistici e una vena di noir (esempio di sottile scrittura The marble faun), sembra che acquisti maggior valore letterario: impressione suscitata dal romanzo della Santini, certamente esperta in questa tipologia narrativa; fra l’altro vi sono pure scene d’azione, come nel cap. VII, e la progressiva ricostruzione di un puzzle che il finale sapientemente rivela: sta al lettore decodificarne i segnali. Una traccia: ‘la perseguita per farla incolpare dei suoi delitti’ (p. 71).
Un thriller-noir costruito con maestria. L’autrice ha già al suo attivo altri romanzi dello stesso genere e tutti ugualmente riusciti. Ne ‘La settima vittima’ gioca un ruolo importante la simbologia numerica: sette come i peccati capitali o il sei numero della Bestia; del rituale: il pentacolo e il sacrificio della ‘musica diabolica’ (p. 49) — esiste peraltro il ‘diabolus in musica’; il ‘cultro’ arrugginito e rovente per immolare la vittima. Una quantità di elementi, disposti però in modo tale da seguire le indagini e pervenire alla verità. Il romanzo funziona in ogni sua parte, senza superfluità, coerente nella trama, fino alla conclusione quando il cerchio si chiude, anche se il serial killer sembra avere realizzato il suo intento.
Costruito secondo i dettami dei migliori thriller, il romanzo presenta elementi di originalità per l’interazione fra terrorismo e serial killer; quest’ultimo predilige persone che in qualche modo assomiglino ai personaggi delle tele di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, e non lascia tracce (p. 74), ma agisce secondo una psicologia che gli investigatori non riescono a decifrare. Finché nell’ultimo capitolo, l’ottavo, ‘i fili che prima erano sembrati perdersi nel nulla’ si annodano ‘in una rete perfetta’ (p. 126). Meccanismo preciso come un orologio, pagine che scorrono lievi.
Attestazione di merito – Premio Dimensione Donna 2011
A cura dell’Associazione Culturale Università della Magna Graecia del Centro-Sud, Aula Consiliare del Comune di Agropoli – 18 dicembre 2011
Motivazione:
Per i racconti e romanzi di genere poliziesco, ricchi anche di note suggestive di ambientazione e di profondi significati simbolici, grazie ai quali è stata inserita nelle più aggiornate rassegne sulla poesia e narrativa contemporanea.
(…) I romanzi e i racconti di genere thriller-poliziesco di Alessandra Santini non possono certamente definirsi banali. Essi infatti, cercano di indagare non soltanto sui misteri del crimine, ma anche sui misteri della mente umana. La vicenda si svolge tra una Roma trafficata e intrigante e la misteriosa e affascinante terra etrusca. I protagonisti sono psicologicamente ben tratteggiati. Il linguaggio è lineare, diretto, realistico e guida magistralmente il lettore nel coinvolgente intrico della trama.
Si intrecciano, in modo quasi inestricabile, le indagini sul rapimento di Sarah, la figlia quindicenne della bella e glaciale procuratrice Lena Quintili e quelle relative a una serie di efferati delitti che sembrano richiamarne altri appartenenti ad un passato non troppo lontano.
Uniti nelle indagini, come anni prima, sono Mark Terzi, poliziotto al di fuori degli schemi, da poco promosso vicequestore, e la sua ex moglie Irene Corsi, ispettore della mobile, che avrà l’intuizione giusta che porterà verso la risoluzione degli enigmi.
Anche Mark Terzi ha varie intuizioni, come ad esempio quella, fondamentale, che svela ciò che si cela nella parola LUX con la quale l’assassino firma i propri delitti. Il movente dell’assassino è quello di mettere in atto un’opera di purificazione per la quale crede di essere stato prescelto. “Ormai aveva solo il tempo di ascoltare la voce, che puntuale tornava a farsi sentire. Dura e determinata, ma lieve come un alito di vento. Ascoltare e obbedire. Questa la missione, senza domande né dubbi. Perché ormai era chiaro: era stato scelto. E i prescelti non possono esimersi dall’obbedienza.”
Nel romanzo “Rime dall’inferno” la narrazione prende l’avvio da uno scenario raccapricciante: una donna immersa in un lago di sangue giace accanto a un uomo che, poco prima di piombare nel sonno, ha fatto l’amore con lei. L’uomo non risponde ai suoi richiami: è morto!
Nel leggere l’inizio di questa mia recensione, qualcuno penserà che quanto enunciato è l’evento intorno al quale si muove tutta la storia. Ebbene non è così, perché “Rime dall’inferno” riserverà ai lettori macabri segreti che li lasceranno senza fiato. Come ogni thriller che lascia il segno, il romanzo racchiude in sé una grande carica di tensione, di ansia e di paura.
La suspense cresce mano a mano che nuovi elementi conturbanti si aggiungono a quelli iniziali, cosicché il lettore che tenta d’ipotizzare il colpevole o i colpevoli, si vede depistato da un nuovo e ancor più complesso quadro probatorio. Nell’insieme narrativo, il filone poliziesco-investigativo si muove alla ricerca del fautore, mentre degli orrendi misfatti si moltiplicano con ritmo incalzante. (…)
La malvagità di ideatori ed esecutori di furti e di assassinii si nasconde sotto la falsa immagine di una setta che prepara i suoi proseliti ad un futuro fuori dall’ignoranza, accendendo la luce della verità.
Il lettore, un po’ incuriosito, un po’ frastornato, tenta di individuare i veri artefici di tali malvagità e, quando crede di esserci riuscito, dovrà aspettare le ultime pagine per sapere di non averlo fatto. La mente e l’anima del “tutto” sarà una persona insospettata, opaca e affatto emergente in tutto l’insieme.
Alessandra Santini, scrittrice navigata, nonché autrice di tanti romanzi di genere poliziesco, ancora una volta si distingue per le sue non comuni capacità d’incatenare il lettore alle pagine dei suoi thriller, affascinati dalle loro intricanti e oscure trame.
(…) Un lavoro ben congegnato, avvincente, con rimandi al Medioevo, per quel che concerne le punizioni inflitte alle vittime e, per via delle tinte fosche degli ambienti dove si muovono i protagonisti. Suspense e adrenalina, tengono incollato fino all’ultimo rigo il lettore, colpi di scena ed eventi imprevisti sono il sale di questo giallo dove il disagio giovanile, concreto e tracimante, esige una risposta, un limite, con l’ausilio di una forma di educazione che punti più al rispetto di se stesso e dell’altro, e possibilmente, all’incoraggiamento a perseguire forme di svago non deleterie. Sembrano trovare un po’ di requie i ragazzi nelle cellette del convento, anche se non sono proprio al sicuro neanche in questo luogo deputato alla serenità dello spirito. Sono tanti i personaggi che gravitano attorno al caso, tutti ben delineati anche psicologicamente, personalità carismatiche e affascinanti. Fra riti satanici, simbolismi, l’intento purificatore che iperbolicamente ricorre all’esempio di via del Santo di Assisi, cupidigie, inseguimenti, fuori piste, colluttazioni e tentativi di strangolamento, si snoda un poliziesco fluente ed efficace. La Santini ha confezionato un’opera noir degna della migliore tradizione del genere giallo italiana ed estera.
Continuando la magnifica tradizione del “giallo” italiano questo testo si rivela interessante, intrigante e quanto mai in linea con quella idea letteraria che accomuna tanti importanti autori. La Santini rivela ottime capacità descrittive che le consentono di essere inclusa, a buon titolo, nel variegato mondo contemporaneo letterario.
(…) Questo poliziesco ha qualcosa in più rispetto a tutti gli altri letti sinora: una attenzione ancora più meticolosa al dettaglio – non che gli altri romanzi dell’autrice fossero privi di una tale caratteristica – che, nello specifico, è rappresentata dalla simbologia numerica sopraccennata e del rituale che percorre tutto il testo.
E ancora una volta tutti gli ingredienti sono inseriti al momento giusto in modo tale da dare coerenza al plot fino alla conclusione attesa. La stessa scrittura sposa il brivido, facendo sussultare il lettore con il suo ritmo “cupo” e “martellante, come quello emesso da una musica sinistra : «… dal quale veniva anche una specie di lamento rabbioso, voce dura, gracchiante, sconnessa: sacrifice … sacrifice…».
Un giallo, quando vi si intrecciano riferimenti artistici e una vena di noir (esempio di sottile scrittura The marble faun), sembra che acquisti maggior valore letterario: impressione suscitata dal romanzo della Santini, certamente esperta in questa tipologia narrativa; fra l’altro vi sono pure scene d’azione, come nel cap. VII, e la progressiva ricostruzione di un puzzle che il finale sapientemente rivela: sta al lettore decodificarne i segnali. Una traccia: ‘la perseguita per farla incolpare dei suoi delitti’ (p. 71).
Un thriller-noir costruito con maestria. L’autrice ha già al suo attivo altri romanzi dello stesso genere e tutti ugualmente riusciti. Ne ‘La settima vittima’ gioca un ruolo importante la simbologia numerica: sette come i peccati capitali o il sei numero della Bestia; del rituale: il pentacolo e il sacrificio della ‘musica diabolica’ (p. 49) — esiste peraltro il ‘diabolus in musica’; il ‘cultro’ arrugginito e rovente per immolare la vittima. Una quantità di elementi, disposti però in modo tale da seguire le indagini e pervenire alla verità. Il romanzo funziona in ogni sua parte, senza superfluità, coerente nella trama, fino alla conclusione quando il cerchio si chiude, anche se il serial killer sembra avere realizzato il suo intento.
Costruito secondo i dettami dei migliori thriller, il romanzo presenta elementi di originalità per l’interazione fra terrorismo e serial killer; quest’ultimo predilige persone che in qualche modo assomiglino ai personaggi delle tele di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, e non lascia tracce (p. 74), ma agisce secondo una psicologia che gli investigatori non riescono a decifrare. Finché nell’ultimo capitolo, l’ottavo, ‘i fili che prima erano sembrati perdersi nel nulla’ si annodano ‘in una rete perfetta’ (p. 126). Meccanismo preciso come un orologio, pagine che scorrono lievi.
Attestazione di merito – Premio Dimensione Donna 2011
A cura dell’Associazione Culturale Università della Magna Graecia del Centro-Sud, Aula Consiliare del Comune di Agropoli – 18 dicembre 2011
Motivazione:
Per i racconti e romanzi di genere poliziesco, ricchi anche di note suggestive di ambientazione e di profondi significati simbolici, grazie ai quali è stata inserita nelle più aggiornate rassegne sulla poesia e narrativa contemporanea.